giovedì 14 aprile 2011

Cambia il finale anche solo arrabbiandoti


Chissà quante volte al cinema ci siamo arrabbiati. No con i vicini di posto, ma con i protagonisti. O quanti ne avete amati. O quante volte abbiamo pianto per loro. Nel cinema del futuro potrebbe succedere che tutto questo influenzi il finale del film, portando le vostre emozioni ad essere sceneggiatrici involontarie. Arriva sul mercato MyandPlay un sistema composto da cuffie e pellicole interattive che permetterà gli spettatori di pilotare, se pur involontariamente, il finale del film.

Le cuffie, sviluppate dalla californiana NeuroSky sono dotate di biosensori da posizionare sulla fronte per la lettura degli schemi delle onde cerebrali (Eeg). Tali schemi sono associati a emozioni e pensieri, che vengono comunicati dalle cuffie ad un software che, alla base degli impulsi ricevuti, determina quale finale è il più appropriato per lo stato d'animo dello spettatore. Oltre ai film è possibile "gestire" anche un'insieme di videogiochi e passatempi messi sempre a disposizione dalla MyandPlay.

Tutto questo però mi lascia abbastanza dubbioso. Come potrebbe evolversi questa nuova esperienza di Entertainment? Come reagisce tale tecnologia in presenza di più spettatori? E se poi voglio riguardare il film, che succede se vinco la lotteria lo stesso giorno mentre alla prima visione mi era morto il gatto? Potrà mai sfondare nelle sale come l'oramai abusato 3D?

Di certo, il trailer del film messo a disposizione dall'articolo di Wired lascia molto a desiderare.. La realizzazione e l'interpretazione degli attori è da dilettanti.. come può finire un film pilotato dalle mie emozioni quando quest'ultime bruciano affinché l'orrida pellicola finisca?

Vi immaginate Jack Dawson che da uno spintone alla sua amata Rose nelle fredde acque dell'oceano, dopo l'affondamento del Titanic? E' il finale che probabilmente la sala gremita di ragazzine disperate avrebbe pilotato..

G

mercoledì 13 aprile 2011

C'è chi dice no

Tante ne son successe.

Torno dopo più di un anno, non più fresco di laurea, non più fresco di primo impiego (umanamente importante, professionalmente spossante, ciao HOC), consulente ormai da otto mesi. Torno per scrivere di una situazione che non mi appartiene a pieno, ma che mi tocca molto da vicino.

La situazione del lavoro precario in Italia è ormai nota a tutti. Tutti a conoscenza delle struggenti storie che ricalcano giornali/documentari/report. Non so quanti vivono da vicino la soddisfazione di un titolo di studio che tanto brilla negli occhi dei neolaureati/neodisoccupati, la quale si inabissa nella non speranza di un futuro definito. Si perchè per alcuni percorsi il percorso è definito. Male. O meglio è ricco di quegli ostacoli che ti verrebbe voglia di desistere alla partenza, e non di saltarli uno per uno. Uno dei più grandi è l'amarezza derivante da vedere persone immeritevoli passare avanti. Come stare alla posta da 3 ore, arriva uno e passa avanti. Pensate però che prima di arrivare alla posta avete dovuto aspettare 3 ore l'autobus, il quale poi ha bucato e vi ha costretto ad andare a piedi.

Le riflessioni sui raccomandati o "segnalati" deriva dalla visione del film C'è chi dice no. Il film è decisamente bruttino: cast simpatico ma forzato (Argentero non è per niente convincente con il fiorentino, la Cortellesi non è credibile se non a teatro), Albertazzi buonissimo ma sprecato, sceneggiatura frettolosa.
La cosa interessante però sono gli elementi coinvolti: un medico, un ricercatore di legge ed un giornalista che condividono tutti i segni della generazione 1000 euro, o qualche soldo in meno(convivenze disgraziate, monolocali affittati fatiscenti, speranze di famiglia nulle, umiliazioni sul lavoro, meritocrazie inesistenti). Nessuno escluso: la stessa polizia è vittima dello stesso marcio dei favoritismi, una fantomatica squadra dei "pirati del merito" cerca di portare scompiglio sbattendo lo schifo dei concorsi truccati sull'opinione pubblica. La beffa di tutto ciò? Tutto viene dimenticato nel migliore dei modi, i colpevoli rimangono impuniti, la notizia finisce nel dimenticatoio grazie ai bravi direttori di testata e tutto continua come se niente fosse. Nel più classico degli scenari italiani.

Il trailer lo passa come una commediola (per lo più lo è). Ma so cosa vuol dire provare quella paura. So cosa vuol dire pensare di essere bravi in un paese che non li vuole. So cosa vuol dire non poter fare progetti. E la cosa peggiore è non poter far niente, in quanto la cosa mi investe direttamente anche se non personalmente.
Andate a vederlo ;)



G

sabato 23 gennaio 2010

Squeeze it, throw it, point and click it!

Viviamo in un mondo tridimensionale. Socializziamo in un mondo bidimensionale, giochiamo in un mondo bidimensionale, acquistiamo in un mondo bidimensionale ecc ecc ecc. Sono oramai centinaia le attività che oggigiorno vengono svolte attraverso un pc o un dispositivo mobile. I modi che abbiamo per interfacciarci con essi sono per lo più relegati alle caratteristiche bidimensionali della finestra - schermo sul mondo digitale, ed il mouse regna su tutti. C'è chi ha pensato di fare un passo avanti, come quelli della Wii che si sono inventati un controller da poter far volteggiare per aria come se si stesso brandendo una spada, una racchetta, un fucile.. Ma non basta! Che succederebbe se nell'impeto di un rovescio o nella foga di un combattimento, il suddetto telecomandino scappasse dalla mano dell'incauto giocatore? Frantumi di vetri, vetrine, specchi, soprammobili, ma soprattutto di Wii controller. Che fare?

Dall'oriente arriva la soluzione ai nostri problemi (che strano!). Si chiama PUYOCON, un prototipo creato dall'entertainment computing laboratory dell'università di tsukuba (cercasi traduttore :P). Si tratta letteralmente di un dispositivo di puntamento tridimensionale, dall'aspetto di una normalissima palla di gomma. Contrariamente ai mouse tradizionali, che mappano i movimenti registrati su due dimensioni (su - giù, destra - sinistra), puyocon si muove su tre dimensioni. Funziona con un accellerometro a tre vie e 14 sensori di pressione, in modo da poter essere "spremuto" qualsiasi sia il suo orientamento in un particolare momento. A differenza dei telecomandi della Wii, oltre a poter essere agitato in aria, puyocon può essere LANCIATO o FATTO ROTOLARE! Da qui si aprono una miriade di user experience differenti, via alla fantasia!

Certo, l'utilizzo di un mouse di questo tipo sulla noiosissima e piattissima tavola bidimensionale dell'ormai tradizionale pc desktop ha ben poche realizzazioni (il video qua sotto ne è ben testimone), però molte applicazione, specialmente nel campo dell'entertainment, potrebbero sfruttare al meglio le sue potenzialità. Tutto ciò grazie anche a come puyocon si interfaccia ai terminali, attraverso comunicazioni bluetooth, dandogli così la possibilità di comunicare oltre che con PC, anche con televisori ad alta definizione ad esempio!

Una cosa resta invariata: interagire con puyocon non metterà in salvo il mondo circostante (non è certo una pallina). Occhio ai soprammobili.

G

sabato 16 gennaio 2010

Baby programmers

Tempo fa ho avuto modo di documentarmi riguardo ad un progetto sperimentale del MIT dal nome Scratch. Scratch non è altro che un nuovo linguaggio di programmazione visuale, il quale permette la creazione di storie, animazioni, piccoli filmati interattivi attraverso l'utilizzo di veri e propri "blocchi". La composizione di questi blocchi e la gestione delle loro caratteristiche determina l'avvicendarsi degli elementi e le loro interazioni, nonchè le possibilità di fornire all'utente la possibilità di interagire lui stesso con essi. Anche se in piccolo, un approccio di questo tipo favorisce lo sviluppo di capacità di programmazione anche in piccolissimi "smanettoni", introducendo i concetti di strutture di iterazione o costrutti selettivi (naturalmente molto semplificati).

Tutto questo discorso per introdurre un esempio analogo, KODU, descritto dall'articolo di punto-informatico che potete trovare qui. Prodotto dai laboratori Microsoft Lab, Il progetto nato con il nome di Boku, inizialmente è stato concepito per girare su xBox 360, ma ora sbarca sui PC di ogni casa attraverso l'installazione di questa anteprima. Si tratta fondamentalmente di un ambiente di programmazione visuale 3D per la creazione di piccoli videogame attraverso la selezione dei personaggi e la gestione della loro interazione con gli oggetti dello scenario ambiente (come ad esempio le collisioni) e delle caratteristiche visuali (sia dei personaggi che dello scenario circostante). Il punto di forza sembra essere quello di fornire un livello di controllo ai piccoli programmatori basato su concetti come il tempo, lo spazio, la visione e l'udito, piuttosto che su concetti prettamente provenienti dall'ingegneria del software.

Diverso dal caso del MIT, KODU fornisce sicuramente un ambiente graficamente più accattivante, ma orientato alla programmazione di videogame, mentre Scratch spazia fra oggetti multimediali interattivi di ogni tipo. Un punto a vantaggio del prodotto Microsoft è quello di poter essere completamente gestito attraverso un gamepad, in modo che piccoli NERD non debbano perforza abusare del computer del papà. Cio che accomuna i due ambienti, è la possibilità di gestire la costruzione del programma a "blocchi logici" siano essi personaggi o temporizzazioni, ognuno con le proprie proprietà e con la possibilità di "incastrarsi" con altri blocchi.

Interessante no? Sarebbe bello pensare ad un approccio simile anche per programmatori più esperti.. niente più ore cercando chissà quale errore, nascosto magari dietro ad un ";"! Basterà trascinare sullo schermo un personaggio e fargli fare quello che vuoi!

G

La qualità dell'ingegnere informatico

Rimbalzando di pagina in pagina mi sono imbattuto oggi in un articolo molto interessante, anche se datato, di punto-informatico.it. E' una lettera scritto da un ingegnere informatico relativa alla condizione sociale di questa professione e di come, molto spesso accade, gli stereotipi dello smanettone e del perfetto programmatore possano celare ed alle volte sovrapporsi con ciò che in realtà nelle facoltà di ingegneria viene insegnato: A RAGIONARE.

A voi la lettura

G