lunedì 29 giugno 2009

"Scappo. Qui la ricerca è malata"

La giornata non è cominciata nel migliore dei modi. E' vero, tutti sappiamo che in Italia molte cose non vanno, com'è vero che la vita comoda e il qualunquismo oramai affermato nelle nostre teste o ci fa galleggiare nel brodo marcio o ci fa scappare dal bel Paese (nessuno escluso). Però fa sempre molto male quando alla porta bussano esempi reali di una brutta storia anche solo immaginata.

Questo è il caso di Rita Clementi, 47 anni, laureata in medicina con 2 specialità (pediatria e genetica medica) presso l'università degli studi di Pavia, da una vita ricercatrice precaria, sballottata tra una miriade di contrattucci e un sistema in cui la meritocrazia vale meno della carta straccia. Non è una ricercatrice come le altre, è uno di quei cervelli che ha preferito non fuggire (almeno fino ad ora), una testa con i controtesticoli: ha scoperto infatti correlazioni fra alcune forme di linfome e il corredo genetico delle persone, in poche parole ha capito come la predisposizione verso alcune forme di tumore possano essere trasmesse di generazione in generazione. I risultati di questa ricerca sono stati pubblicati su un'importante rivista inglese, il "New England Journal of Medicine", con una risonanza estera non indifferente. Non a caso il termine "estera" viene enfatizzato più di altri: nel 2005 è stata costretta ad interrompere le sue ricerche e le sue scoperte sono diventate parte integrante di progetti di ricerca di gruppi, indovinate dove, di altri paesi.

Ebben stamattina apro il corriere e trovo appunto la storia di questa donna, madre, ricercatrice, medico, la quale dopo tanti anni di sacrifici e lotte alle spalle è costretta a trasferirsi a Boston per dare alla propria ricerca la giusta dimensione che merita. 3 figli a carico ed una vita da ricominciare. Non senza rabbia ed amarezza sia chiaro, come da lei stessa commentato nella lettera inviata a Napolitano e pubblicata dal corriere. Ripropongo di seguito alcuni passaggi:

"Chi fa ricerca da precario non può «solo» contare sui risultati che ottie­ne, poiché in Italia la benevo­lenza dei propri referenti è una variabile indipendente dalla qualità del lavoro"

"docenti dichia­rati colpevoli sino all’ultimo grado di giudizio per aver con­dotto concorsi universitari vio­lando le norme non sono mai stati rimossi e hanno continua­to a essere eletti (dai loro colle­ghi!)"

"Lavoravo, come tutti i precari, senza versamenti pen­sionistici, ferie, malattia. Ho avuto contratti di tutti i tipi: borse di studio, co-co-co, con­tratti di consulenza[...]Sia chiaro: nessuno mi impo­neva questi orari. Ero spinta dal mio senso del dovere e dal­la forte motivazione di aiutare chi era ammalato"

"Desidero evidenziare pro­prio questo: il sistema antimeri­tocratico danneggia non solo il singolo ricercatore precario, ma soprattutto le persone che vivono in questa Nazione. Una «buona ricerca» può solo aiuta­re a crescere; per questo moti­vo numerosi Stati europei ed extraeuropei, pur in periodo di profonda crisi economica, han­no ritenuto di aumentare i fi­nanziamenti per la ricerca."

"È sufficiente, anche in Italia, incrementare gli stanziamenti? Purtroppo no. Se il malcostu­me non verrà interrotto, se chi è colpevole non sarà rimosso, se non si faranno emergere i migliori, gli onesti, dare più soldi avrebbe come unica con­seguenza quella di potenziare le lobby che usano le Universi­tà e gli enti di ricerca come feu­do privato e che così facendo distruggono la ricerca.
Con molta amarezza, signor presidente, la saluto."



G

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